(segue) Dichiarazioni contro la politica sanzionista alla Camera e al Senato
(7, 9 dicembre 1935)
[Inizio scritto]
Ieri alla Camera dei Comuni è
stato pronunciato un discorso che non può non avere una eco in
questa Assemblea. Il ministro Hoare è stato esplicito per
quanto riguarda l'atteggiamento del suo Governo nei confronti
dell'Italia fascista. Prendiamo atto che il «Foreign Office»
desidera un'Italia forte con un Governo forte, quale è quella
fascista (vivissimi prolungati applausi); una Italia capace di tenere
degnamente il posto che le compete nella vita dell'Europa e del
mondo.
Da quattordici anni noi lavoriamo
per questo. (Vivi applausi).
Date le premesse di Hoare, siamo
in legittima attesa delle successive conseguenze. Un'Italia non può
essere forte in Europa, come Hoare desidera e come noi vogliamo, se
non è risolto il problema della sicurezza integrale delle sue
Colonie dell'Affrica Orientale (vive approvazioni), non può
essere forte se non può dispiegare su territori arretrati
quelle sue capacità di espansione, di popolamento e di
incivilimento che lo stesso Hoare in un precedente discorso ha
chiaramente riconosciute.
Il ministro Hoare, che ha
conosciuto l'Italia in guerra, ha avuto la possibilità di
apprezzare le qualità e le necessità vitali del Popolo
Italiano. Da allora sono passati molti anni, durante i quali —
grazie alla Vittoria e alla Rivoluzione — il moto della
coscienza politica del Popolo Italiano si è straordinariamente
accelerato. Il Popolo Italiano ascolta le parole ma giudica dai
fatti. (Vivissimi prolungati applausi).
Ora il fatto che si annuncia per
il giorno 12, cioè l'embargo sul petrolio, è tale da
pregiudicare gravemente gli sviluppi della situazione.
Come ho già detto alle
Madri e Vedove dei Caduti, è il lato morale delle sanzioni
quello che suscita lo sdegno consapevole del Popolo Italiano
(applausi) specialmente quando in altro discorso governativo nella
stessa Camera dei Comuni ci si fa sapere che «rimane
problematica la applicazione delle sanzioni in un eventuale caso
futuro». Or dunque: il codice penale della Lega non ha un
passato perché durante sedici anni non fu mai applicato in
casi infinitamente più gravi e circostanziati del nostro: non
ha nemmeno un avvenire.
(segue...)
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