(segue) Discorso di Avellino
(30 agosto 1936)
[Inizio scritto]

      Per questo, ma non soltanto per questo, noi, pure respingendo l'assurdo della pace perpetua, che è aliena dalla nostra dottrina e dal nostro temperamento, desideriamo di vivere il più a lungo possibile in pace con tutti, e siamo decisi ad offrire il nostro diuturno e concreto contributo per l'opera di collaborazione fra i popoli.
      Ma dopo il catastrofico fallimento della Conferenza del disarmo, davanti alla gara degli armamenti, già scatenata ed ormai inarrestabile, davanti a talune situazioni politiche, che sono in un ambiguo sviluppo, la parola d'ordine per gli Italiani del tempo fascista non può essere che questa: bisogna essere forti, bisogna essere sempre più forti, bisogna essere talmente forti da poter fronteggiare tutte le eventualità e guardare negli occhi fermamente qualunque destino. A questo supremo imperativo categorico deve essere subordinata e sarà subordinata tutta la vita della Nazione.
      Camicie Nere, gioventù del Littorio, l'Impero non è nato da compromessi sui tavoli verdi delle diplomazie, è nato da cinque gloriose e vittoriose battaglie, combattute con uno spirito che ha piegato le enormi difficoltà della materia e una coalizione di Stati quasi universale.
      È lo spirito della Rivoluzione delle Camicie Nere, è lo spirito di questa Italia popolare, guerriera e vigilante sui mari, sulla terra e nel cielo. È lo spirito che avete veduto brillare negli occhi dei soldati, che manovravano in questi giorni; è lo spirito che li guiderebbe domani ad ogni cimento quando il Re e la Patria li chiamassero.
      Camicie Nere!
      Dalle ultime grandi Manovre sono passati dodici mesi. Soltanto dodici mesi: ma quanti avvenimenti, quanta storia! Come questi dodici mesi sono stati ricchi di eventi la cui influenza si fa oggi sentile, ma si farà ancor più sentire nel corso del tempo!

(segue...)