(segue) Discorso di Milano
(1 novembre 1936)
[Inizio scritto]
Il Discorso,
spesso interrotto dalle grida e dalle risposte ardenti del Popolo, è
il seguente:
Camicie Nere di Milano!
Col discorso che io sto per
pronunciare dinanzi a voi e per il quale vi chiedo, e voi mi darete,
alcune diecine di minuti della vostra attenzione, io intendo di
fissare la posizione dell'Italia fascista per quanto riguarda le sue
relazioni con gli altri popoli d'Europa in questo momento così
torbido ed inquietante.
L'alto livello della vostra
educazione politica mi permette di esporre a voi quei problemi che
altrove sono dibattuti nei cosiddetti parlamenti e alla fine dei
banchetti cosiddetti democratici.
Sarò estremamente
sintetico, ma aggiungo che ognuna delle mie parole è meditata.
Se si vuole chiarificare l'atmosfera europea, bisogna in primo luogo
fare tabula rasa di tutte le illusioni, di tutti i luoghi comuni, di
tutte le menzogne convenzionali che costituiscono ancora i relitti
del grande naufragio delle ideologie wilsoniane.
Una di queste illusioni è
a terra: è l'illusione del disarmo. Nessuno vuole disarmare
per primo, e disarmare tutti insieme è impossibile ed assurdo.
Eppure, quando si riunì a
Ginevra la Conferenza del disarmo, la regia funzionò in pieno.
Questa regia consiste nel gonfiare le vesciche sino a farne diventare
delle montagne. Su queste montagne si concentra per alcuni giorni
tutto il fuoco dei proiettori della pubblicità mondiale, poi,
ad un certo momento, da queste montagne esce un minuscolo topo che va
a finire nei labirinti di una procedura che, in fatto di trovate
fertili, non ha precedenti nella storia.
Per noi fascisti, abituati ad
esaminare con occhio freddo la realtà della vita e della
storia, altra illusione, che noi respingiamo, è quella che
passa sotto il nome di «sicurezza collettiva».
(segue...)
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