(segue) Discorso di Milano
(1 novembre 1936)
[Inizio scritto]

      La sicurezza collettiva non è mai esistita, non esiste, non esisterà mai. Un popolo virile realizza nei suoi confini la sua sicurezza collettiva e rifiuta di affidare il suo destino alle mani incerte dei terzi.
      Altro luogo comune che bisogna respingere è la pace indivisibile. La pace indivisibile non potrebbe avere che questo significato: la guerra indivisibile, ma i popoli si rifiutano, e giustamente, di battersi per interessi che non li riguardano.
      La stessa Società delle Nazioni si basa sopra un assurdo che consiste nel criterio dell'assoluta parità giuridica fra tutti gli Stati, mentre gli Stati si differenziano almeno dal punto di vista della loro storica responsabilità.
      Per la Società delle Nazioni il dilemma si pone in termini chiarissimi: o rinnovarsi, o perire.
      Poiché è estremamente difficile che essa possa rinnovarsi, per nostro conto può anche tranquillamente perire. Comunque, noi non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo che la Società delle Nazioni ha organizzato con metodi di una diligenza diabolica l'iniquo assedio contro il Popolo Italiano, ha tentato di affamare questo Popolo nella sua concreta vivente realtà degli uomini, delle donne, dei fanciulli, ha cercato di spezzare il nostro sforzo militare, l'opera di civiltà che si compiva a circa quattromila chilometri di distanza dalla Madre Patria.
      Non c'è riuscita: non c'è riuscita non già perché non lo volesse: ma perché ha trovato di fronte (La folla urla: «Il Duce!») l'unità compatta del Popolo Italiano, capace di tutti i sacrifici e anche di battersi contro cinquantadue Stati coalizzati.
      Del resto per fare una politica di pace non è necessario di passare per gli ambulacri della Società delle Nazioni.

(segue...)