(segue) Discorso di Milano
(1 novembre 1936)
[Inizio scritto]
Qui, o camerati, io faccio
quello che nella navigazione si chiama il punto. Dopo diciassette
anni di polemiche, di attriti, di malintesi, di problemi rimasti in
sospeso, nel gennaio 1935 si realizzavano degli accordi con la
Francia. Questi accordi potevano e dovevano aprire una nuova epoca di
relazioni veramente amichevoli tra i due Paesi.
Ma vennero le sanzioni.
Naturalmente l'amicizia subì un primo congelamento. Eravamo
alle soglie dell'inverno. Passò l'inverno e giunse la
primavera e con la primavera le nostre trionfali Vittorie. Le
sanzioni continuavano ad essere applicate con un rigore veramente
meticoloso. Da almeno due mesi eravamo ad Addis Abeba e ancora
duravano le sanzioni. Caso classico della lettera che uccide lo
spirito, del formalismo che strangola la vivente concreta realtà
della vita.
La Francia ancora oggi tiene il
dito puntato sugli ingialliti registri di Ginevra e dice: l'Impero
del morto ex Leone di Giuda è ancora vivo. Ma al di là
dei mastri ginevrini, che cosa dice la realtà della nostra
Vittoria? Che l'Impero del Negus è stramorto.
È di tutta evidenza che
sino a quando il Governo francese terrà, nei nostri confronti,
un atteggiamento di attesa riservata, noi non potremo fare che
altrettanto.
Uno dei Paesi confinanti con
l'Italia e con il quale le nostre relazioni furono, sono e saranno
sempre estremamente amichevoli, è la Svizzera. Paese piccolo,
ma di una importanza grandissima e per la composizione sua etnica e
per la posizione geografica che occupa nel quadrivio d'Europa.
Con gli accordi dell'11 luglio
un'epoca nuova si è aperta nella storia dell'Austria moderna.
Gli accordi dell'11 luglio, ne prendano nota tutti i commentatori
frettolosi e male informati, erano da me conosciuti ed approvati sin
dal 5 giugno, ed è mia convinzione che tali accordi hanno
irrobustito la compagine statale di questo Stato e ne hanno anche
maggiormente garantita l'indipendenza.
(segue...)
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