(segue) Discorso di Milano
(1 novembre 1936)
[Inizio scritto]

      La Germania, quantunque circuita e sollecitata, non ha aderito alle sanzioni. Con l'accordo dell'11 luglio è scomparso un elemento di dissensione fra Berlino e Roma e vi ricordo che, ancora prima dell'incontro di Berlino, la Germania aveva praticamente riconosciuto l'Impero di Roma.
      Nessuna meraviglia se noi oggi innalziamo la bandiera dell'anti-bolscevismo. Ma questa è la nostra vecchia bandiera! Ma noi siamo nati sotto questo segno, ma noi abbiamo combattuto contro questo nemico, lo abbiamo vinto, attraverso i nostri sacrifici ed il nostro sangue. Poiché quello che si chiama bolscevismo o comunismo non è oggi, ascoltatemi bene, non è oggi che un supercapitalismo di Stato portato alla sua più feroce espressione: non è quindi una negazione del sistema, ma una prosecuzione ed una sublimazione di questo sistema.
      E sarebbe ora di finirla con il mettere in antitesi il Fascismo e la democrazia. Veramente si può dire che questa nostra grande Italia è anche la grande sconosciuta. Se molti di questi ministri, deputati e generi affini che parlano per «sentito dire» si decidessero una buona volta a varcare la frontiera d'Italia, si convincerebbero che se c'è un Paese dove la vera democrazia è stata realizzata, questo Paese è l'Italia fascista.
      Poiché noi — o reazionari di tutti i Paesi, veri ed autentici reazionari di tutti i Paesi — noi non siamo gli imbalsamatori di un passato, siamo gli anticipatori di un avvenire.
      Noi non portiamo alle estreme conseguenze la civiltà capitalista sopra tutto nel suo aspetto meccanico e quasi antiumano; noi creiamo una nuova sintesi e, attraverso il Fascismo, apriamo il varco alla umana vera civiltà del lavoro.
      Mi sono occupato sin qui del continente. Bisogna che gli Italiani a poco a poco si facciano una mentalità insulare, perché è l'unico modo per porre al giusto piano i problemi della difesa navale della Nazione.

(segue...)