(segue) Discorso di Milano
(1 novembre 1936)
[Inizio scritto]

      L'Italia è un'isola che si immerge nel Mediterraneo. Questo mare (io qui mi rivolgo anche agli Inglesi che forse in questo momento sono alla radio), questo mare per la Gran Bretagna è una strada, una delle tante strade, piuttosto una scorciatoia con la quale l'Impero britannico raggiunge più rapidamente i suoi territori periferici.
      Sia detto tra parentesi che quando un italiano, il Negrelli progettò il taglio dell'istmo di Suez, soprattutto in Inghilterra fu considerato un mentecatto.
      Se per gli altri il Mediterraneo è una strada, per noi Italiani è la vita. Noi abbiamo detto mille volte, e ripeto dinanzi a questa magnifica moltitudine, che noi noi Italiani è la vita. Noi abbiamo detto mille volte, e proponiamo di interromperla, ma esigiamo d'altra parte che anche i nostri diritti ed interessi vitali siano rispettati.
      Non ci sono alternative: bisogna che i cervelli ragionanti dell'Impero britannico realizzino che il fatto è compiuto ed irrevocabile. Più presto sarà e tanto meglio sarà.
      Non è pensabile un urto bilaterale e meno ancora è pensabile un urto che da bilaterale diventerebbe immediatamente europeo. Non c'è quindi che una soluzione: l'intesa schietta, rapida, completa sulla base del riconoscimento dei reciproci interessi.
      Ma se così non fosse, se veramente, cosa che io escludo sin da oggi, si meditasse, veramente, di soffocare la vita del Popolo Italiano in quel mare che fu il mare di Roma, ebbene si sappia che il Popolo Italiano balzerebbe come un solo uomo in piedi (la folla urla: «Sì! sì!») pronto al combattimento con una decisione che avrebbe rari precedenti nella storia.
      Camerati milanesi, veniamo a noi.

(segue...)