(segue) Discorso di Milano
(1 novembre 1936)
[Inizio scritto]


      Camerati milanesi!
      Le accoglienze che mi avete tributato mi hanno profondamente commosso.
      Abbiamo trascorso insieme queste memorabili giornate di alta tensione fascista, che rimarranno per sempre scolpite nei nostri cuori.
      Ora debbo partire, ma quando avrà qualche cosa da dirvi ritornerò.

      Queste parole sono seguite da un'ovazione interminabile. Il Duce sosta a lungo sul podio per rispondere al saluto del Popolo di Milano. Quindi si ritrae ed entra nella Stazione ove, sotto la tettoia, seguito da S. E. Dino Alfieri, Ministro per la Stampa e la Propaganda, e dai Gerarchi milanesi — passato in rivista lo schieramento di una Batteria del III Reggimento Artiglieria, di un plotone della XXIV Legione Carroccio, di due centurie di Giovani Fascisti e Guf e del plotone federale lancieri con il Labaro della Federazione — riceve altri omaggi dai rappresentanti delle attività milanesi. Poi si avvicina al treno e prima di partire comunica al Federale di Milano, Rino Parenti, il suo vivo compiacimento e il suo alto elogio.
      Intanto, sul Piazzale, la dimostrazione della folla continua — e per tutta la serata, e per tutto il giorno seguente, IV novembre, la Città del Lavoro appare animata da un movimento, da un fervore, da un senso festante — in cui si sente il nobile orgoglio suscitato dalle parole del Duce, e la ferma volontà di essere all'altezza della consegna affidata al Popolo di Milano.