(segue) La prefazione a "La guerra d'Etiopia, del Maresciallo Pietro Badoglio"
(1936)
[Inizio scritto]
Furono quindi moltiplicate per
cinque tutte le previsioni iniziali: dal punto di vista numerico non
100 ma 400 mila uomini, più 100 mila operai e materiali più
che sufficienti ai bisogni previsti ed imprevisti. Tutto ciò
ha richiesto uno sforzo logistico di proporzioni quasi
inimmaginabili, ma questo metodo si è rivelato anche il più
economico: una guerra che i calcoli più ottimisti prevedevano
di una durata non inferiore ai sei anni, si è risolta in sette
mesi e mentre scrivo queste linee, a tre mesi dalla fine delle
ostilità, non meno di un terzo delle truppe mandate in A. O. è
tornato o è in corso di rimpatrio.
Quando il Maresciallo Badoglio
giunse sul fronte, ai primi di dicembre, la bandiera italiana
sventolava già da un mese su Makallè. L'occupazione di
Makallè aveva certamente allungato la linea dei rifornimenti,
ma se non avessimo compiuto il primo gesto di audacia qual'era quello
di occupare Makallè, molto probabilmente non avremmo compiuto
gli altri. Lo schieramento presentava il «saliente» di
Makallè, ma quanto accadde in gennaio e febbraio su questo
saliente dimostra che le disposizioni prese da De Bono e poi da
Badoglio per stroncare ogni conato offensivo si palesarono
perfettamente efficaci. La forza penetrativa del nemico, non si
rivelò che nell'episodio — di proporzioni modestissime —
di Mai Timchet-Dembeguinà. La prima battaglia del Tembien si
risolse in uno scacco gravissimo per gli abissini. Si può dire
che sin da quelle giornate, la capacità offensiva degli
etiopi, fu definitivamente spezzata: da quelle giornate in poi essi
avrebbero subito la nostra iniziativa, alla quale soltanto all'atto V
del dramma cercò di sottrarsi in uno sforzo disperato e
inutile, il Negus, sul lago Ascianghi.
La preparazione del Maresciallo
Badoglio, che richiese fra dicembre e gennaio alcune settimane di
sosta, fu quindi la condizione indispensabile per vincere le
successive battaglie. Solo quando fosse sicuro il trampolino di
partenza il Maresciallo Badoglio avrebbe potuto spiccare il salto e
giungere alla meta. Le battaglie furono tutte manovrate e concepite
secondo le linee classiche della strategia più ponderata ed
audace ad un tempo. Quella dell'Endertà rimane un modello. Per
questo le cinque battaglie si risolsero in vittorie decisive, con
imponenti perdite del nemico e nostre, non gravi. Dopo la battaglia
dell'Ascianghi, le forze inquadrate dell'esercito abissino erano
ormai in isfacelo. Badoglio avrebbe potuto fermarsi ed attendere, ma
il fattore «tempo» ci sospingeva. Quando il nemico è
in crisi, non bisogna permettergli in alcun modo di riprendersi:
bisogna inseguirlo e distruggerlo fino all'ultimo uomo.
(segue...)
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