(segue) Ai Musulmani di Tripoli e della Libia
(18 marzo 1937)
[Inizio scritto]


      Musulmani di Tripoli e della Libia! Giovani! Arabi del Littorio!
      Il mio Augusto e Potente Sovrano S. M. Vittorio Emanuele III, Re d'Italia e Imperatore di Etiopia, mi ha mandato, dopo 11 anni, ancora una volta su questa terra dove sventola il tricolore, per conoscere le vostre necessità e venire incontro ai vostri legittimi desideri.
      Voi mi avete offerto il più gradito dei doni: questa spada, simbolo della forza e della giustizia, spada che porterò e conserverò a Roma fra i ricordi più cari della mia vita.
      Mentre accolgo il vostro dono, voglio dirvi che è incominciata una nuova epoca nella storia della Libia. Voi avete dimostrato la vostra fedeltà all'Italia, osservando l'ordine più assoluto nel momento in cui l'Italia era impegnata in una guerra lontana ed avete offerto migliaia di volontari che hanno dato un prezioso contributo alla nostra vittoria. Prima della grande estate, i valorosi guerrieri che hanno combattuto in Etiopia torneranno tra voi, e voi li accoglierete con molti e ineritati onori.
      Dopo queste prove l'Italia fascista intende assicurare alle popolazioni musulmane della Libia e dell'Etiopia la pace, la giustizia, il benessere, il rispetto alle leggi del Profeta e vuole inoltre dimostrare la sua simpatia all'Islam e ai Musulmani del mondo intero. Tra poco Roma, con le sue leggi, vi dimostrerà quanto s'interessi del vostro sempre migliore destino.
      Musulmani di Tripoli e della Libia!
      Diffondete queste mie parole in tutte le case delle vostre città e dei vostri paesi fino alle ultime tende dei pastori. Voi sapete che io sono un uomo parco nelle promesse, ma quando prometto mantengo!