(segue) Guadalajara
(17 giugno 1937)
[Inizio scritto]
La battaglia ebbe allora momenti
durissimi. Alcune posizioni passarono più volte dai rossi ai
legionari e viceversa. Un battaglione di Camicie Nere, che aveva
perduto i collegamenti, vide cadere quasi tutti i suoi ufficiali. Ci
furono le oscillazioni, le mischie, il disordine furioso e
inevitabile che in tutte le battaglie accompagna gli attacchi e i
contrattacchi all'arma bianca. Nel bosco della Villa Ibarra si lottò
coi pugnali; gli episodi di eroismo ai quali assistettero osservatori
stranieri furono moltissimi e splendidi. Il carattere assolutamente
offensivo che i Comandi avevano impresso all'azione, aveva provocato
sulle immediate retrovie l'intasamento degli autocarri carichi di
Camicie Nere che avrebbero dovuto sostituire la prima divisione
impegnata ormai da una settimana. Ma la operazione del cosiddetto
«scavalcamento» delle divisioni, che sembra abbastanza
facile sulla carta, non lo è altrettanto nell'inferno della
battaglia. Così accadde che le colonne ferme sulle «carretere»
o meglio sulla unica «carretera», cioè strada
rotabile esistente, fossero facile bersaglio di ondate successive
dell'aviazione da bombardamento e da caccia bolscevica, che
utilizzava, fino alla notte, i vicinissimi campi di Madrid, mentre
quelli dei nazionali erano molto lontani e, ciò che è
più grave, essendo campi di fortuna, impraticabili.
Fin qui il Comando non aveva
commesso errori, se non di circostanza; ma ad un certo punto diede
l'ordine alle truppe di retrocedere e questo fu un errore, un grande
errore. Lo stesso Comando lo ammise pochi giorni dopo, effettuato un
più calmo esame della situazione: i legionari italiani si
erano battuti da leoni, ma non erano stati battuti. Ragioni obiettive
per ripiegare non ce n'erano. Si trattava di superare un momento di
crisi di natura morale e che riguardava i comandi. Le truppe si
consideravano vittoriose. Inoltre c'erano migliaia di uomini di
riserva che non erano stati minimamente impegnati. I legionari di un
generale che ha dato prove di coraggio sino alla temerarietà,
il generale che i suoi legionari hanno battezzato «barba
elettrica», erano impazienti di muoversi e di lanciarsi, ma
dovettero obbedire al movimento generale di ripiegamento. Dei 40
chilometri dell'avanzata, 20 rimasero tuttavia in possesso dei
legionari.
(segue...)
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