(segue) Guadalajara
(17 giugno 1937)
[Inizio scritto]
Ottenuto lo scopo di allontanare
l'immediata minaccia su Madrid, i rossi non osarono prudentemente
spingersi al di là. Essi avevano perduto oltre cinquemila
uomini. La battaglia dei dieci giorni si esauriva così il 18
marzo e su quel tratto di fronte da allora regna la stasi della
guerra di posizione.
I morti legionari non erano stati
ancora sepolti, i convogli dei feriti erano ancora in viaggio verso
gli ospedali, quando la stampa antifascista internazionale scatenò
la sua vituperevole campagna di invenzioni e di calunnie. In questa
impresa brigantesca primeggiò la stampa inglese, senza
eccezioni di sorta, e tutta la stampa francese di sinistra. Lo scacco
di un battaglione diventò una disfatta. Un ripiegamento
imposto da un Comando e che si svolse in ordine quasi perfetto, fu
bollato come una catastrofe, furono nell'inchiostro «suicidati»
dei generali che sono vivissimi, si trassero da un episodio
generalizzazioni offensive per tutto l'Esercito italiano,
dimenticando quel ch'esso aveva dato di contributo risolutivo alla
vittoria degli alleati nella guerra mondiale; le jene in sembiante
umano si gettarono sul sangue purissimo della gioventù
italiana come se fosse whisky e perdettero ogni residuo di pudore,
come fanno le canaglie e i vigliacchi quando la paura è
passata. Noi abbiamo raccolto con diligenza tutte queste
pubblicazioni perché un giorno ci serviranno.
Oggi, dopo tre mesi, si leggono
diverse valutazioni e giudizi più equanimi. Si parla tutt'al
più di un «insuccesso», che non poteva avere e non
ha avuto conseguenze di carattere militare, un «insuccesso»
che la speculazione antifascista è riuscita a gonfiare per un
momento, onde rialzare il morale depresso delle masnade bolsceviche
sul fronte spagnolo e sul fronte della III internazionale. Più
che di un insuccesso, deve parlarsi di una vittoria italiana, che gli
eventi non permisero di sfruttare a fondo.
(segue...)
|