Brusselle
(1 dicembre 1937)
Da Il Popolo
d'Italia, 1° dicembre 1937-XVI.
L'azione collettiva (luogo comune
numero uno) — preludio secondo taluni necessario alla sicurezza
collettiva (secondo piramidale luogo comune) — ha registrato a
Brusselle uno di quegli insuccessi totali che prendono quasi
naturalmente le proporzioni di un fiasco, faremmo degli ipocriti se
non dicessimo che l'evento ha provocato in noi, che non abbiamo mai
creduto alle fumisterie societarie, una grande soddisfazione.
Ricapitoliamo i precedenti. È
in data 12 settembre, quando i Giapponesi già avevano
incominciato le loro azioni militari, che il Governo cinese si
rivolse al Consiglio della Società delle Nazioni invocando i
famosi articoli 10 e 11, nonché il 17 del Patto e chiedendo
che il Consiglio prendesse le misure del caso. Non si comprende come
i Cinesi — popolo intelligente! — abbiano potuto sperare
qualche cosa da Ginevra, dopo tutto quanto era accaduto dal 1932 in
poi. Il Consiglio della Società che cosa poteva fare? Cominciò
col riversare la faccenda sopra un comitato consultivo, composto di
23 persone, con l'incarico di esaminare la questione. Questo comitato
consultivo dei 23 propose in data 27 settembre una risoluzione, che
fu approvata dall'Assemblea, nella quale si condannavano i
bombardamenti aerei e presentò altri due rapporti che
l'Assemblea ginevrina approvò in data 5 ottobre. In uno di
questi rapporti si proponeva all'Assemblea di trasferire alle nove
Potenze firmatarie del Trattato di Washington del 1922 (fra le quali
il Giappone, ma non la Russia) il compito di seguire la vertenza e di
aggiungere, ai nove, altri Stati che avessero interessi in Estremo
Oriente. L'Assemblea della Società delle Nazioni approvava
questa proposta; e calava la tela sul primo atto del dramma, che si
concludeva con le parole: niente di fatto.
(segue...)
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