(segue) Brusselle
(1 dicembre 1937)
[Inizio scritto]

      Può darsi che il Governo belga faccia sapere al Segretariato della Lega che il risultato della conferenza di Brusselle si compendia nella cifra zero e che il Segretariato convochi l'Assemblea, la quale — anch'essa — non si era sciolta, ma aggiornata; ma può anche darsi che tutto venga, come si dice in gergo ginevrino, tacitamente «insabbiato», e sarebbe quest'ultima la soluzione migliore.
      Basta la più semplice conoscenza della storia, della geografia e dei rapporti delle forze in giuoco, per convincersi che contro il Giappone non c'è niente da fare. Non parliamo dei piccoli Paesi rappresentati nel Comitato dei nove; ma che cosa possono fare contro il Giappone gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna, separatamente considerati o anche messi insieme? Il Giappone è invulnerabile. Le misure di ordine economico si ritorcono anche contro coloro che le applicano; una solidarietà attiva con la Cina si risolverà con un vantaggio del Giappone, il quale — vittorioso — farà bottino di tutto ciò che sarà stato mandato ai Cinesi; azioni di guerra navali o aeree sono impensabili perché il Giappone può colpire, ma non può essere colpito. Rimane la minaccia aereo-terrestre della Russia; ma la Russia dei Sovieti non può giocare, senza pericolo mortale per la sua situazione interna, la carta della guerra.
      Se la Cina crede ancora in qualsiasi aiuto di carattere collettivo, ciò significa che essa si è votata al suicidio, poiché è chiaro che il Giappone vincerà tutte le battaglie e costringerà alla resa la Cina.
      Fallita ancora una volta l'azione collettiva, non resta alla Cina che domandare al Giappone le condizioni di pace. Può darsi che tali condizioni siano meno dure di quanto si possa pensare; ma una cosa è certa ed è che il Giappone sta cambiando la carta geografica dell'Estremo Oriente e che coloro i quali hanno creduto il contrario, hanno puntato male.

(segue...)