(segue) Konovaloff
(31 dicembre 1937)
[Inizio scritto]
Dopo lai battaglia, gli Abissini
erano depressi: «Il coraggio e la fermezza dei soldati italiani
li avevano impressionati. Interrogai — dice Konovaloff —
molti soldati su questo argomento e tutti mi ripeterono la stessa
cosa: Taliani gobos! (forti e coraggiosi!)».
Il Konovaloff narra quindi le
successive battaglie: quella strategicamente magnificata dell'Amba
Aradam e quella decisiva dell'Ascianghi o Mai Ceu. Il Negus, durante
la fuga, passava da caverna a caverna. L'aviazione non gli dava
tregua. Un giorno un aviatore sfiorò la caverna del Negus.
Pareva che volesse entrar dentro. «Il Negus — racconta
Konovaloff — presso il quale io mi trovavo in quel momento, mi
disse in francese: Sono molto bravi!».
Tutte le peripezie della fuga del
Negus e delle sue orde disfatte — ivi compresa la guardia
imperiale, che non brillò eccessivamente a Mai Ceu quantunque
disponesse di centinaia di mitragliatrici e di dozzine di cannoni —
hanno nella narrazione del Konovaloff un rilievo fortemente
drammatico. L'impero crollava sotto i colpi delle armate italiane. Il
Negus rientrato ad Addis Abeba, ebbe un primo e unico colloquio col
Ministro inglese e poi preparò la fuga. Per meglio
mascherarla, stimò che la cosa migliore sarebbe stata quella
di abbandonare la capitale al saccheggio delle turbe fameliche e
oramai scatenate.
«Durante la notte di venerdì
— narra il Konovaloff, testimone oculare — il Negus, in
un impeto di rabbia, strappò violentemente le cortine di seta
che ornavano il baldacchino del trono e gridò agli astanti:
«Prendete tutto, saccheggiate, ma non incendiate il ghebbi. Ciò
vi porterebbe sfortuna. Non lasciate nulla agli Italiani».
Quel che accadde è noto.
Gli stranieri si rifugiarono nei cortili delle Legazioni, dalle quali
partirono appelli strazianti agli Italiani della colonna Badoglio,
perché accelerassero la marcia. Il che — superando con
un miracolo di volontà difficoltà sovrumane —
avvenne.
(segue...)
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