(segue) Atto quinto, finora
(5 marzo 1938)
[Inizio scritto]

      Vediamo ora chi sono gli imputati. Sono personaggi di primissimo piano: come chi dicesse il fior fiore del regime.
      Presentiamo il principale di essi: Bucharin. Chi non ha letto le mille volte il suo nome sui fogli del Fronte popolare? Prima di sedere sul banco dell'infamia come traditore egli fu niente po' po' di meno che primo presidente per un decennio dell'Internazionale comunista, membro dell'Ufficio politico del Partito comunista. Egli era considerato come il più gran teorico del comunismo, una specie di papa infallibile in questioni di dottrina, il più autorizzato e qualificato interprete del verbo di Lenin.
      Anche il secondo imputato è un personaggio di un certo volume: è Rikov, il quale fu già presidente del Consiglio dei commissari del popolo dei Sovieti e poscia ministro delle Poste e Telegrafi. Chi non ha sentito ricordare il suo nome, fra il pecorume occidentale che biascica idiotamente le giaculatorie bolsceviche?
      Terzo fra «cotanto senno» rispunta il nome di Jagoda, commissario agli Interni fino al 1937 e arrestato nell'aprile dello stesso anno.
      Il quarto è Krestinski, figura di un certo rilievo, dato che fu primo commissario agli Esteri e quindi commissario al dicastero della Giustizia.
      Anche Ivanov non è l'ultimo venuto; egli era commissario del popolo per l'industria del legno, così come Cernov fu commissario per l'Agricoltura sino al 1937, Grinko commissario del popolo per le Finanze, Rosengolz commissario al Commercio per l'estero, Zelenski già segretario del partito bolscevico dell'Asia centrale.
      Vengono ora due diplomatici: il Bessonov, che fu sino al 1936 consigliere di ambasciata a Berlino; e Rakovski, il bolscevico di origine bulgara e in reputazione bolscevico universale, che fu primo presidente del Consiglio dei commissari del popolo dell'Ucraina, quindi ambasciatore dei Sovieti a Londra e a Parigi.

(segue...)