(segue) L'Anschluss
(16 marzo 1938)
[Inizio scritto]
E all'art. 61 veniva
specificatamente dichiarato che, dopo la sua unione con la Germania,
l'Austria avrà diritto di prendere parte al Reichsrat con un
numero di deputati proporzionale alla popolazione.
È dunque stabilito che agli
inizi di quella che può definirsi l'epoca social-democratica,
tanto Vienna quanto Weimar ritenevano logica l'unione dei due Stati
in uno solo.
Vennero i trattati di pace: quello
di Versaglia prima, quello di San Germano poi, che imposero —
questa è la parola! — imposero all'Austria di rimanere
indipendente. Ma l'imposizione appare fino d'allora così
assurda e al tempo stesso così precaria, che si lasciò
uno spiraglio aperto sull'avvenire: l'Austria, caso mai visto nella
storia dei popoli, avrebbe potuto «alienare la sua
indipendenza» col consenso del Consiglio della Società
delle Nazioni.
È in questo modo che
l'Austria inizia la sua vita di Stato indipendente, sotto il dominio
interno della socialdemocrazia. Passano i social-democratici,
subentrano i cristiano-sociali con Seipel, ma questo non migliora la
situazione politica ed economica. L'Austria è praticamente in
balia del caos materiale e morale e viene posta sotto la tutela, non
soltanto finanziaria, della Società delle Nazioni.
Ciò dura fino al 1°
ottobre 1926, quando Seipel ritorna al potere nell'ottobre con questa
formula: «l'Austria è uno Stato tedesco: niente contro
la Germania».
Passano altri tre anni di
disordini, di intrighi, di miserie, finché Schober
nell'autunno del 1929 sale al potere; è solo coll'avvento di
Schober che comincia una politica italiana nei confronti
dell'Austria, politica che viene consacrata in un trattato di
amicizia e di arbitrato, firmato a Roma dallo Schober stesso il 6
febbraio del 1930.
(segue...)
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