(segue) L'Anschluss
(16 marzo 1938)
[Inizio scritto]
È il momento in cui
l'Italia consiglia l'Austria di riavvicinarsi alla Germania, perché
uno Stato che si proclama tedesco non può esistere in funzione
antigermanica.
Questo era un assurdo storico,
politico, morale. Nascono con l'approvazione dell'Italia, gli accordi
austro-germanici del luglio 1936, i quali anch'essi partono dalla
pregiudiziale che l'Austria si professa come uno Stato tedesco.
Malgrado gli accordi comincia un
nuovo periodo di tensione. Nell'incontro di Venezia dell'aprile 1937
faccio chiaramente intendere al Cancelliere che l'indipendenza
dell'Austria era questione che riguardava in primo luogo gli
Austriaci e che l'Asse Roma-Berlino era il fondamento della politica
estera italiana.
L'incontro del 12 febbraio tra i
due Cancellieri rappresenta l'estremo tentativo per una soluzione di
compromesso, che avrebbe forse ritardato, non certo evitato, la
soluzione finale.
Discorso di Hitler il 20 febbraio,
discorso di Schuschnigg il 24: sorge l'idea di un plebiscito
improvviso. Alle ore 12 del 7 marzo un fiduciario di Schuschnigg mi
domanda il mio pensiero sul plebiscito e sulle sue modalità;
era la prima volta dopo molti mesi. Gli rispondo nella maniera più
perentoria che si trattava di un errore.
«Questo ordigno dissi —
vi scoppierà tra le mani.» Sarebbe di pessimo gusto
vantarmi di questa troppo facile previsione.
Ora negli ambienti diplomatici e
giornalistici di tutto il mondo imperversano rimpianti, polemiche,
moniti: mucchio di parole inutili che non fermano la storia.
Ai circoli più o meno
ufficiali d'Oltralpe che ci domandano perché, non siamo
intervenuti per «salvare» l'indipendenza dell'Austria,
rispondiamo che non avevamo mai assunto alcun impegno del genere, né
diretto o indiretto, né scritto o verbale.
(segue...)
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