(segue) Le Forze Armate della Nazione
(30 marzo 1938)
[Inizio scritto]

      Non è questa la sede più adatta per esporvi la nostra dottrina di guerra, così come l'abbiamo elaborata e aggiornata alla luce delle esperienze antiche e recenti, nostre e altrui. Vi dirò solo che noi tendiamo a preparare uomini e mezzi per una guerra di rapido corso. Per questo non sarà mai abbastanza curato l'addestramento individuale del soldato e collettivo dei reparti, nell'ordine chiuso e nell'ordine sparso.
      Non sarà mai abbastanza appoggiata dai cannoni e dotata di cannoni la Fanteria che fu e sarà sempre la Regina delle battaglie. Non sarà mai abbastanza iperalimentato l'attacco con riserve innumeri, onde il successo tattico si tramuti in quello che è lo scopo della battaglia: il successo strategico. La motorizzazione non deve essere spinta oltre un certo limite, sotto pena di comprometterne i vantaggi. La divisione, se divisione deve chiamarsi, non può avere meno di 9 battaglioni. I quadri superiori e inferiori devono possedere in sommo grado il senso di responsabilità e lo spirito d'iniziativa e di decisione.
      Non sarà mai abbastanza coordinato il lavoro delle diverse armi e l'apprestamento dei mezzi logistici nonché — sulla scala globale — l'armonizzazione dell'azione unitaria dell'Esercito, della Marina e dell'Aria per attuare quella che io chiamo la condotta unitaria della guerra integrale, cioè rapida e implacabile.
      Nell'Italia fascista il problema del comando unico, che tormenta altri Paesi, è risolto. Le direttive politico-strategiche della guerra vengono stabilite dal Capo del Governo. La loro applicazione è affidata al Capo di Stato Maggiore Generale e agli organi dipendenti. La storia — anche la nostra — ci dimostra che fu sempre fatale il dissidio tra la condotta politica e quella militare della guerra.
      Nell'Italia del Littorio questo pericolo non esiste.

(segue...)