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Naturalmente io non mossi obbiezione a questi tuoi propositi. Più volte da Grottaglie e poi a Roma sollecitasti la rapida messa a punto di questi apparecchi; eri deciso e volevi di nuovo volare sull'oceano. Ogni ritardo ti angustiava. Fosti mandato in Germania per vedere che cosa avevano fatto i Tedeschi nelle loro basi atlantiche. Tornato mi consegnasti le tue relazioni: una di carattere strettamente tecnico e una di carattere politico, ricche di acute osservazioni su quanto avevi visto in Germania e in Francia. Finalmente i primi apparecchi erano pronti. Tu, Vittorio, e i tuoi camerati di Grottaglie vi ritrovaste a Pisa. Si trattava di mettere a punto questi possenti velivoli, le cui caratteristiche erano uguali se non superiori alle famose americane «fortezze volanti». Eri semplicemente entusiasta di questi apparecchi. Ne decantavi le qualità. Il viaggio in Germania ebbe luogo nella prima decade di luglio. Ti fermasti alcuni giorni a Roma e poi tornasti a Pisa. Facesti un'ultima corsa a Roma il 3 agosto per assistere a una gara di pugilato ed io non potei vederti. Ora, ripensando ai giorni di questa estate oramai finita molti episodi e dettagli e impressioni mi tornano in mente. Talvolta guardandoti avevo l'impressione che qualche tristezza ti angustiasse l'animo. Talvolta rimanevi a lungo silenzioso e come assorto. Mi sembrava che tu stessi per dire addio alla tua bella giovinezza, che era sbocciata, fiorita nella forza, nell'ardimento in pace e in guerra. Ti balenava, forse, l'idea che avevi molto operato e vissuto durante sei anni e che in qualche altro campo avresti potuto rivelare le inattese qualità del tuo spirito? Quando l'irreparabile succede, c'è qualche cosa nell'aria che lo preannuncia. Gli uomini affaccendati non ci badano, se ne ricordano dopo. V'è dunque un mondo del soprasensibile che noi non abbiamo ancora esplorato e forse non possiamo esplorare? Ora ti racconto. Mai le mie notti furono così lunghe come nell'ultima estate. Mi sembrava che non finissero mai. Di giorno, qualche volta, una specie di inesprimibile angoscia mi afferrava. Non era questione di politica, ma di qualche cosa che non riuscivo a spiegare. Una sera, pochi giorni prima del tuo ultimo viaggio, apersi la radio. Tu sai che questo mi accadeva di rado, salvo per i programmi musicali. Era, invece, l'ora del turismo e la dicitrice parlava di Pisa. Illustrava i monumenti: la Torre pendente, il Duomo, il Camposanto. La trasmissione mi afferrò. Ascoltavo con una emozione crescente. A un certo punto un coro si alzò dal Duomo: un coro solenne, un poco triste: era il ringraziamento della giornata. Ero ben lungi dall'immaginare che da lì a pochi giorni, guardando dalla finestra della cameretta dov'eri stato portato, avrei veduto i monumenti che erano stati illustrati alla radio, più il prato riarso dal solleone, e poca gente silenziosa che sapeva e aspettava. La mattina del 7 Agosto io non ero tranquillo. Verso le 11 qualcuno a Palazzo Venezia mi dice: |