— Bruno poco fa, a Pisa, è caduto e sta molto male.
— È morto? — domando io.
— Sì — è la risposta.
Torno a Villa Torlonia e ordino che mi si prepari un aeroplano. Mentre esco per andare all'aeroporto, incontro Galeazzo che pur sofferente si è alzato da letto e mi accompagna in auto. L'attesa è lunga. La notizia si è fulmineamente diffusa. Arrivano all'aeroporto alcune personalità. Gli avieri hanno saputo e guardano silenziosi da lontano. L'aria è torrida. Finalmente l'apparecchio arriva. Mi metto al mio posto di pilotaggio e si parte. In alto soffia un vento sciroccale abbastanza forte. Sopra Orbetello attraversiamo una zona temporalesca che ci fa ballare, ma si tratta di pochi momenti. Dopo un'ora siamo al campo di Pisa. Appena sceso dall'apparecchio mi viene incontro Vittorio. Lo abbraccio senza parole.
Passo in rassegna gli ufficiali e gli avieri. Nei loro volti c'è l'espressione di un grande dolore. Salgo in auto e mi dirigo all'ospedale. Persone che non ricordo mi accompagnano alla tua stanza. Tu sei là, disteso sopra un lettuccio, immobile, con la testa fasciata sino agli occhi chiusi. Le coperte ti coprono tutto sino al collo e sembri dormire. Sul tuo volto qualche macchia di sangue, ma i tuoi lineamenti sono intatti. Ti guardo, mi chino su di te, ti bacio. Non oso scoprirti. Ti chiamo. Mi sembra impossibile. Bruno! il mio Bruno! Brunone come ti chiamavo quando ti accarezzavo con violenza i capelli. Bruno, che è accaduto? Un campanello suona. Qualcuno mi dice che debbo andare al telefono. È Riccione che chiama. La madre di Bruno domanda.
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