Benito Mussolini
Parlo con Bruno


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     — Che cosa è accaduto? Dimmi...
     — Bruno è caduto dall'aeroplano stamattina. È morto. Ti mando un apparecchio. Vieni.
     Mi giunge il pianto ineguagliabile di una madre, di tua madre, Bruno. Nell'attesa mi reco sul luogo della caduta. Non è molto lontano dalla città. Già da lontano si vede la coda intatta dell'apparecchio, ma il resto è tutto un rottame. Tre eliche sono contorte e distanti l'una dall'altra. Un motore è stato proiettato parecchi metri lontano. La cabina di comando è un viluppo di ferraglie spezzate. Il campo di granoturco è spianato e il terreno è qua e là profondamente solcato. Mi rendo conto di quanto è accaduto. I motori sono mancati al momento dell'atterraggio. Immagino quello che dev'essere passato in quei pochi attimi nel tuo cuore, quando i motori non hanno risposto. I superstiti dicono che non hai perduto la calma e hai tentato un atterraggio di fortuna. Già altra volta ti era accaduto a Grottaglie qualcosa di simile: avevi atterrato senza carrello e senza inconvenienti, tanto che Vittorio aveva potuto cinematografare la scena. Se l'ala destra dell'apparecchio non avesse urtato la casa, forse l'incidente non sarebbe stato mortale. I tuoi compagni di equipaggio che si trovavano sulla sinistra dell'apparecchio si sono salvati. Io penso che se tu avessi avuto un grosso casco di cuoio come si portavano un tempo... Ma forse sarebbe stato inutile. Tu non sai, Bruno, che i superstiti — anche quelli più gravemente feriti — mi hanno domandato di te.
     — Il Comandante, il Comandante, come sta il Comandante! ...