Benito Mussolini
Parlo con Bruno


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Capitolo III – Volare!

     Nella primavera del 1935 — quando già si delineava l'impresa africana — e già uscivano i bollettini annuncianti la mobilitazione delle Divisioni, Bruno cominciò a pilotare. Usciva tutte le mattine ben presto e quando il tempo non lo permetteva, volava nel pomeriggio. Non impiegò che il numero minimo regolamentare di ore di volo, poi una mattina a Centocelle decollò. Io ero sul campo ed ero perfettamente tranquillo. Vidi la partenza, seguii l'apparecchio nell'aria, poi atterrò in maniera perfetta. Ebbi la grande gioia di puntargli sul petto l'aquila d'oro. Anch'egli era molto calmo e sembrava non dare un'eccessiva importanza al fatto. Il brevetto rilasciatogli dal Ministero dell'Aria porta il numero 635, la data del 28 maggio 1935 e dice: «L'allievo premilitare Mussolini Bruno avendo ultimato con esito favorevole il 28 maggio XIII le prove pratiche di volo su apparecchio C. 100, e quelle teoriche prescritte è nominato pilota premilitare. Il Ministro: Mussolini». Trovo nel mio diario in data 28 maggio 1935: «Oggi Bruno ha superato le sue prove per diventare pilota d'aviazione. Ho assistito all'atterraggio che è riuscito molto brillante. Non si dirà che io prepari i miei figli alla vita comoda».
     Continuò l'allenamento e fu successivamente nominato pilota militare. Fu un pomeriggio del 24 agosto del 1935 che Vittorio e Bruno partirono per l'Africa. Ricordo l'episodio ed è ricordato nel mio «diario». Eravamo raccolti nel salotto che a Villa Torlonia si chiama della Musica. Ora della partenza le 16, per essere a Napoli nella serata. Ci alzammo. La madre era commossa ma non versò una lacrima. I nostri addii furono sobri. È nel temperamento della nostra razza la più grande discrezione nelle effusioni. Vittorio dall'Africa mi scrisse una o due lettere, Bruno un saluto su una cartolina illustrata. E nient'altro. Ed io credo di non avere mai scritto né all'uno, né all'altro. Ero tuttavia informato di quanto facevano e sapevo che entrambi si portavano molto bene sotto ogni punto di vista. Non erano i figli del Duce: erano due giovani ufficiali dell'Arma Aerea che combattevano e non volevano privilegi, né distinzioni; ma il trattamento comune a tutti gli altri.