Benito Mussolini
Parlo con Bruno


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     Il mio «diario» in data 3 settembre 1935, reca: «A Piazza di Siena mentre si svolgeva il saggio ginnastico ho ricevuto il telegramma che aggiungo a queste pagine. Vale la pena di ricordarlo con orgoglio. Il telegramma dice: “Abbiamo compiuto oggi il nostro primo volo eritreo di circa due ore. Abbracci. - Vittorio e Bruno”».
     In data 5 ottobre: «In questo momento mi telegrafa De Bono da Coatit e mi dice che siamo a posto. Ciò mi farebbe pensare che siamo ad Adua. Mi dice anche che i miei figliuoli si portano molto bene come aviatori di guerra». Sempre dal mio «diario» del 1936. 7 gennaio: «Il maggiore Luciano mi comunica la seguente informazione telegrafica avuta dall'Asmara: “In una ricognizione su Amba Aradam l'apparecchio di Vittorio è stato colpito da un colpo di cannoncino sul fianco sinistro. Il proiettile è entrato nell'apparecchio ed è esploso nella torretta dell'osservatore facendo una rosa di cinquanta fori. Tutto l'equipaggio è rientrato incolume all'Asinara”». In data 13 marzo 1936: «Ricevo in questo momento un telegramma dal Maresciallo Badoglio che mi annuncia di avere concesso la medaglia d'argento a Vittorio e Bruno “per prove assolute di valore con 110 ore di volo sul nemico”. Ne sono fierissimo. 13 maggio: Promozione a tenente di Vittorio e Bruno».
     L'Italia ha vissuto dal 2 ottobre 1935 al 9 maggio del 1936, uno dei periodi più drammatici, più intensi, più luminosi della sua storia. Quegli otto mesi cantano in molte anime ancora come un'epopea vissuta. Tutto è stato fermo, deciso, virile, popolare e tutto, visto a distanza, sembra romantico tanta fu la bellezza, la poesia, lo splendore rivelatisi nell'animo degli Italiani. Mai una guerra fu più sentita di quella. Mai entusiasmo fu più sincero. Mai unità di spiriti più profonda. Una guerra a distanza di quattro e seimila chilometri; un nemico numeroso e crudele; un mondo inesplorato; la Società delle Nazioni ostile; la flotta inglese nel Mediterraneo, le sanzioni e al 3 ottobre il passaggio del Mareb. Quindi le battaglie decisive della primavera e la fantastica marcia su Addis Abeba. Tre adunate improvvise di popolo come non si ebbero nella storia e poi la notte trionfale del 9 maggio, la più grande vibrazione dell'anima collettiva del popolo italiano. A guerra finita Vittorio e Bruno rientrarono in Italia. Fu il 17 maggio del 1936. Ero al «Littorio» a riceverli. Anche qui sobri saluti e non meno sobri abbracci. Bruno era alquanto dimagrito, ma i nove mesi di guerra gli avevano dato la toga virile, quantunque non avesse che diciotto anni. Era la prima delle sue tre guerre!