«Di una cosa sola Bruno andava in cerca ed era la stima dei piloti. Del resto se ne fregava. Voleva essere stimato professionalmente non perché era il figlio del Duce. Illuso! La gente è così cattiva che non può rinunciare alla sua sciocca, crudele infingardaggine.
«Ma Bruno era veramente bravo, chiedetelo agli increduli che han dovuto ricredersi, chiedetelo a chi ha volato con lui. E chi meglio di me potrebbe dirlo, che lui era bravo, dato che noi due non volevamo mai riconoscere l'altrui superiorità in nessun campo? Ora che è morto mi pento di aver lottato con lui, ché in novantanove casi su cento era superiore a me.
«Bruno era un ottimo pilota e a questa guerra era giunto con un bagaglio di esperienze tecniche e pratiche da farlo considerare uno dei comandanti di squadriglia più in gamba. Sempre se lo avessero considerato come il cap. X e non Bruno Mussolini. Che come me Bruno era sensibilissimo alle sviolinature, e capiva le cose lontano un miglio!
«E perciò, per la sua conoscenza delle rotte atlantiche, aveva chiesto all'inizio di questa guerra di formare un nucleo con apparecchi a larga autonomia. Ma per varie anche imperscrutabili ragioni il suo progetto al quale teneva oltre modo non fu approvato. Rimase male e andò così ad assumere ai primi di giugno del 1940 il comando della 260a Squadriglia bombardamento terrestre veloce sul campo di Ghedi (Brescia) montata sui nuovi apparecchi Cant Z 1007 bis, velivoli che abbisognavano ancora di molte attenzioni e di molta esperienza per metterli al punto perfetto.
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