Ed ora permettimi di guardare il mio diario; il mio giornale che ho tenuto sino al 31 dicembre del 1940.
In data 23 scrivevo: «Domattina 24 Bruno parte per il volo oltreoceanico. Stanotte dormirà al campo. Ci ha salutati con molta tranquillità».
Si parlava in casa da qualche giorno del tuo volo, ma senza la minima agitazione. Tua madre, come sempre, era calma e fidente. Verso le 22 te ne andasti a Guidonia. Ci salutammo, con sobrietà che vorrei dire rurale. Trovo ancora nel mio giornale: «I primi bollettini del volo di Bruno sono ottimi. Velocità oraria 420 chilometri. A mezzogiorno hanno già compiuto metà del percorso che è di quattromila chilometri».
La partenza avvenne da Guidonia senza discorsi, senza cerimonie poco prima dell'alba. Poco prima di partire tu dettasti questo articolo per l'Editoriale Aeronautico:
«Una delle più grandi ambizioni di ogni pilota sino a qualche anno fa, da quando l'aviazione si è svincolata dai ceppi della limitata capacità di autonomia, è stata quella di attraversare l'Atlantico. Oggi, dopo le numerose trasvolate oceaniche, fra cui brillantissime quelle italiane, il collegamento in volo delle due sponde non è più impresa d'eccezione. Ma per un giovane pilota quale io sono, un volo di così grande portata attraverso rotte che per tanto tempo sono state avvolte da un'aureola di invincibilità ed hanno conosciuto tanta gloria e tanti sacrifici, mi entusiasma e mi attira. Tanto più che abbiamo fiducia di compiere questa impresa con caratteristiche tecniche nettamente superiori a tutte quelle precedentemente stabilite da altri sullo stesso percorso. La passione dell'aviatore è perennemente alimentata da un istinto di superamento e di progresso.
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