Bruno fermo e taciturno mi sembrava la concentrazione dell'attenzione in persona. Tutto questo per 3 o 4 minuti. L'aria calma mattutina ci fu favorevole; però fino a 4000 metri nessuno di noi due profferì parola. Solo qualche gesto. La salita venne eseguita in modo meraviglioso. I motori, condotti con accortezza, davano il massimo affidamento. Le temperature dell'olio e delle teste ce lo dicevano. A 4000 metri si cominciava a respirare ed a star bene.
Lasciato Cheren, ci inoltrammo sulla sabbia verso il Nilo. Un vento da W. ci era stato segnalato lungo tutta la rotta e noi lo tenemmo sempre presente. Difatti ogni tanto controllavamo e apportavamo le dovute correzioni alla rotta.
Nel primo tratto e cioè fino alla seconda ansa del Nilo, di deriva ne avvertimmo poca. Dal Nilo a Cufra il volo divenne laborioso.
Bruno ogni ora o poco meno si recava in fusoliera e, coadiuvato dal capo tecnico Palanca, faceva i necessari calcoletti. Radio Wadi Alfa non faceva assistenza; Bengasi non si sentiva. Bisognava dunque fare attenzione perché Radio Cufra si rendeva radiogoniometrabile a soli 600-700 km. Noi dovevamo percorrere circa 1000 km. senza l'ausilio della radio. Mano a mano che navigavamo il vento da W. rinforzava e Bruno, ogni tanto, mi inviava dei bigliettini sull'entità della deriva. Arrivò a 14°. Mi sembrava molto e glielo dissi.
— Va bene — rispose, — io e Palanca abbiamo potuto misurarla con esattezza su una lunga roccia che abbiamo sorvolato.
Intanto Radio Cufra taceva.
Dopo due ore di volo, in queste condizioni, il marconista ci comunicò che era in collegamento con Cufra, però non poteva radiogoniometrarla perché ancora distante. Eravamo in ritardo sul previsto. Quel vento forte a 45° quasi, aveva rallentato la nostra marcia. Noi ci guardavamo ma non ci esprimevamo la nostra preoccupazione.
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