Ma non si vedeva nulla. Vedemmo soltanto il mare e la linea della costa sulla verticale. Mi voltai dietro e leggermente a sinistra vidi Brindisi con tutte le sue batterie che sparavano. Feci notare a Bruno quel fuoco di artifizi e lui mi rispose:
— Forse ci saranno apparecchi inglesi; noi andiamocene per i fatti nostri.
Da Valona prendemmo la strada che si distingueva bene, girando a Est della città e ci portammo su Tepeleni. Da qui sulla strada di Argirocastro. Lanciammo le bombe da bassa quota in una serie distanziata e passando poi nei pressi di Corfù facemmo ritorno alla nostra base. Prima di scorgere la costa pugliese vedemmo Brindisi che sparava ancora.
— Ci sarà l'allarme ed allora troveremo il campo di atterraggio spento — dissi a Bruno.
Andammo avanti ancora e trovammo difatti il campo spento. Facemmo un giro di attesa e comunicammo la nostra presenza con R. T. e con segnalazioni luminose; nessuno rispondeva. Nel girare vedemmo un nostro aeroplano che faceva anch'esso i prescritti segnali; allora dissi a Bruno:
— Andiamo dietro a quello; se gli sparano da terra noi proseguiamo per Foggia.
In seguito notammo che la fotoelettrica si era accesa; l'apparecchio atterrò e così atterrammo anche noi. A terra il comandante dell'aeroporto ci disse della confusione nata e come aveva dovuto sudare due camicie per far intendere alla D.I.C.A.T. che si trattava di apparecchi nazionali; e solo così poté finalmente riavere l'energia elettrica.
Finita la campagna in Grecia, fatti gli ultimi voli per la conquista delle isole, eccolo a Roma per la costituzione della sua Squadriglia. Ma le pratiche non si svolgevano secondo il suo pensiero. Dopo parecchi abboccamenti con il Capo di S. M. dell'Aeronautica, Bruno venne trasferito a Pisa ove vittima del suo grande amor proprio, con in cuore un gran desiderio di agire ed in animo un innato senso del dovere, doveva soccombere per un incidente di volo. Incidente provocato, principalmente, da un guasto all'impianto idraulico di bordo.
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