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I due bracci della tenaglia nemica si erano così, nel breve giro di tre mesi, straordinariamente avvicinati. Era ormai chiaro che dopo la battaglia della Tunisia sarebbe cominciata la battaglia della Sicilia. A dirigere le operazioni in Tunisia fu mandato il generale Messe, che più tardi ha tradito la Patria. Il suo compito era particolarmente difficile. Egli aveva dato come comandante eccellente prova di sé in Albania dove era riuscito a bloccare l'iniziativa dei Greci nella direzione più pericolosa, quella cioè di Valona, e successivamente in Russia quale comandante del C.S.I.R. In Russia le truppe italiane sotto il suo comando si erano battute molto bene. Fu un errore dovuto alle solite gelosie, alla fama di convinto fascista che il Messe godeva e soprattutto al culto inviolabile dell'annuario con relative posizioni di anzianità, quello di sostituirlo quando il C.S.I.R. diventò FA.R.M.I.R.; quando cioè il primitivo Corpo d'Armata si tramutò in un'Armata di dieci divisioni che vogliamo ricordare: «Julia», «Tridentina», «Cuneense», «Ravenna», «Cosseria», «Sforzesca», «Celere», «Pasubio», «Torino» e «Vicenza». Il successore di Messe fu il generale Gariboldi che non si era fin allora particolarmente distinto, almeno nelle guerre recenti di Etiopia e di Libia. Chiamato a Roma, il Messe, pur considerando l'arduità del suo compito, accettò e partì in volo per Tunisi. Giunto sul posto impiegò le prime settimane a coordinare materialmente e moralmente le truppe logicamente esauste sia per la interminabile ritirata, sia per la lunga permanenza in terra africana, permanenza che per migliaia di soldati si contava ad anni. La sorte della Tunisia era legata ai rifornimenti. In un breve territorio erano concentrati non meno di trecentomila uomini. Il problema logistico assumeva dimensioni inquietanti. Le perdite del naviglio erano progressivamente gravi. Nel solo mese di aprile andarono a picco navi italiane per, 120 mila tonnellate e avariate per 50 mila. Mentre le truppe nemiche erano iperrifornite, quelle italo-germaniche erano minacciate di mortale anemia. Esauriti i primi conati offensivi germanici, i quali non potevano raggiungere altro scopo se non quello di allargare la testa di sbarco, gli Inglesi passarono all'attacco della linea del Mareth. |