Nel Natale del 1941, con un impiego di forze e dimezzi di gran lunga soverchiante gli effettivi e i mezzi delle Divisioni italiane, i Russi attaccarono violentemente. Essi contavano di cogliere almeno "spiritualmente" di sorpresa gli Italiani. Pensavano di coglierli in un momento di melanconia e di nostalgia, dovuta alla ricorrenza della grande festa della natività, che gli uomini della soleggiata Italia dovevano trascorrere lontani dalle famiglie e dalla Patria. Ma i calcoli dei bolscevichi si palesarono fallaci. Le truppe italiane, in una sanguinosa battaglia durata una settimana, batterono e volsero in fuga le forze bolsceviche. In data 28 dicembre Mussolini così telegrafava: «Vi mando ancora una volta mio elogio e mio compiacimento per nuovo duro colpo che le magnifiche truppe dello "Csir" hanno inflitto ai bolscevichi. La Nazione è fiera di voi. Fatelo sapere a tutti.» Il Generale Messe così telegrafava il giorno 29: «Le vittoriose truppe dello "Csir" hanno appreso il vostro alto elogio ed il vostro lusinghiero e ambitissimo compiacimento con esultante orgoglio e con me vi ripetono la ferma determinazione di durare decisamente nella lotta finché non sarà schiantata ogni resistenza bolscevica.»
Nella primavera del 1942, fu ritenuto necessario una ulteriore più vasta partecipazione alla campagna di Russia. Non più tre, ma dieci divisioni dovevano parteciparvi. Il glorioso "Csir" diventava l'"Armir", cioè Armata italiana in Russia; in essa, lo "Csir" diventava il 35° Corpo d'Armata. Come già detto, la cosa non piacque al Messe e nemmeno alle truppe da lui comandate. Egli obbedì a malincuore. Poiché si affermava da taluno il contrario, padre Salza, un valoroso Cappellano mutilato di guerra, che era stato sempre allo "Csir" in data 8 maggio 1942 così ristabiliva la verità delle cose: «Duce! Ho sentito da militari e da borghesi che l'Ecc. Messe avrebbe detto di essere molto contento di passare al quarto posto fra i generali dell'8a Armata (Armir), anzi taluni dicono che è stato lui stesso a chiederlo. Permettetemi di dirVi, o Duce, che le cose stanno diversamente. Messe è bramoso, Vi posso dire che ha la vera frenesia, di servirVi colla completa dedizione della sua vita come sempre ha fatto. Ma ciò non toglie che egli ritenga questo passaggio come una specie di siluro che lo diminuisce non poco di fronte agli alleati, al Paese e alle sue gloriose truppe. L'oscuro poi in cui lo si è tenuto fin qui sulla nuova situazione lo ha profondamente mortificato. Perciò egli preferirebbe fare una nuova destinazione, sempre se a Voi piace. Questa è la pura verità che potrete sentire meglio dalla sua stessa bocca. Perdonate se ho osato ripeterVi questo schiarimento; non miro che al solito scopo: alla gloria Vostra, a quella dell'Italia, a quella di Dio.»
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