Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     «Durante la visita in Sardegna sono stato indotto a porre ancora una volta alla mia mente il quesito: è da ritenere probabile che gli avversari tentino di impadronirsi dell'isola?
     «Uno sbarco in Sardegna non è un'operazione facile; i tratti di costa che dì si prestano sono pochi e non ampi; il retroterra è difficile; il contrasto aeronavale da parie nostra può abbattersi tempestivamente sui convogli e decimarli; i rifornimenti possono seguire la stessa sorte; la difesa terrestre non va sottovalutata.
     «L'avversario può anche mettere in bilancio una elevata percentuale di perdite, ma deve avere la sicurezza di riuscire. Non soltanto questa sicurezza gli manca, e quindi il rischio al quale si espone è grande, ma le perdite elevate che comunque subirà, dovranno almeno estere compensate dall'importanza dell'obiettivo.
     «La Sardegna non è, nel quadro strategico mediterraneo, un obiettivo di capitale importanza.
     «A meno che gli Anglo-Americani non pensino di invadere l'Italia, nel qual caso agendo per tempi, e cioè in modo discontinuo, potrebbero anche conquistare la Sardegna per farne trampolino all'invasione, non vedo adeguata corrispondenza tra lo scopo e le difficoltà delle operazioni.
     «Non credo all'invasione della penisola, perché sarebbe cosa lunga e non decisiva per il risultato finale della guerra: l'Italia, anche ridotta nella Valle Padana, non cede: questo i nostri avversari oramai sanno».
     Come si vede, ai primi di maggio del 1943 l'atteggiamento del generale Ambrosio, capo di stato maggiore generale, non ammetteva neppure come remota ipotesi una resa a discrezione, come avvenne quattro mesi dopo.