Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     Nel pomeriggio del 14 giugno, disobbedendo al medico, il Duce convocò a Villa Torlonia il Capo di S. M. Generale, i tre capi di S. M. delle Forze Armate e il ministro della Produzione bellica.
     Egli lesse ai convenuti una "nota sulla situazione strategica italiana a metà giugno" che così diceva:
     1. - Appare quasi superfluo di cominciare col fissare come pregiudiziale che non vi è alcuna possibilità di carattere politico. La capitolazione sarebbe la fine dell'Italia non solo come grande Potenza ma anche come semplice Potenza. Poiché la prima conseguenza della capitolazione — oltre alle altre ovviamente intuibili di carattere coloniale e territoriale — sarebbe il disarmo totale e permanente terrestre, marittimo, aereo, con la distruzione di tutte le industrie dirette o indirette di guerra.
     2. - Nella fase attuale della guerra le Forze armate italiane non posseggono più alcuna possibilità di iniziativa. Sono costrette soltanto e semplicemente alla difensiva. L'Esercito non ha più possibilità di iniziativa. Gli manca, fra l'altro, il terreno. Esso non può che contrattaccare il nemico sbarcato in un punto del territorio metropolitano e ricacciarlo in mare. L'iniziativa della Marina si limita a quello che può fare il naviglio sottile e sommergibile contro la navigazione nemica. Da qualche mese i risultati sono modesti. Le navi da battaglia sono oramai un peso, esposte a crescenti pericoli. Anche la facoltà di iniziativa dell'Aviazione è ormai limitata ad attacchi saltuari a navi nemiche. Manchiamo di una grande aviazione da bombardamento e non abbiamo la caccia che dovrebbe proteggerla. Anche l'Aviazione non ha d'ora innanzi che possibilità difensiva. Conclusione: non possiamo che difendere il territorio metropolitano. Ma in questa difesa dobbiamo impegnarci sino all'ultimo sangue.