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Questo comunicato fu accolto prima con stupore, poi con immensa amarezza. Non solo gli entusiasmi crollarono, ma la sfiducia si diffuse dovunque. Il divario fra i due bollettini era troppo grande. Il sistema nervoso del popolo italiano — pur essendo più forte di quanto comunemente si creda — era stato sottoposto a una troppo dura prova. Tuttavia si voleva sperare ancora. Ma il bollettino successivo n. 1147, in cui si parlava già — dopo appena cinque giorni dallo sbarco — di combattimenti nella piana di Catania, diede l'impressione che la partita fosse oramai irreparabilmente compromessa. La conquista di tutta la Sicilia era ormai scontata. La delusione fu grande. Dall'estero cominciarono a giungere giudizi estremamente severi. La presa di Augusta e di Siracusa senza quasi colpo ferire, la rapida marcia su Palermo e su Catania, la scarsissima resistenza al momento dello sbarco, tutto ciò aveva del misterioso.
Coi collegamenti quasi del tutto interrotti e con lo spostamento dei Comandi, non era facile dare un apprezzamento sulla situazione. Tuttavia alcuni dati di fatto emergevano, e questo spiega la nota che in data 14 luglio il Duce mandava al capo di stato maggiore generale. |