Al termine della discussione che, non essendo preparata, rivelò soltanto stati d'animo inclinanti al dubbio, Mussolini comunicò che nella seconda quindicina del mese avrebbe convocato il Gran Consiglio.
Conosciutasi la decisione del Duce, la tensione politica aumentò nei circoli politici e fascisti. Taluno ha ironizzato sulla esistenza di questi circoli. Essi esistono: sono quelle centinaia e, in una capitale, quelle migliaia di persone che vivono nell'orbita dell'attività governativa. Ognuna di esse è il centro di una costellazione. Lo stato d'animo di queste costellazioni forma, a un certo momento, lo stato d'animo della città e di riflesso della nazione. Il via-vai dei gerarchi in Piazza Colonna fu intensissimo. Ognuno si poneva la domanda: che cosa deciderà il Gran Consiglio? Pace o guerra? Poiché oramai uno spirito di stanchezza, uno spirito di capitolazione si faceva strada negli animi deboli, e le notizie sempre più ingrate che giungevano dalla Sicilia non facevano che rafforzarlo.
Nel pomeriggio della domenica 18, verso sera, Mussolini partì in aereo per Riccione, dove ascoltò il discorso Scorza, molto buono nella sostanza, quantunque il tono della voce non fosse corroborante. Al mattino del 19, Mussolini ripartì in volo per Treviso, dove giunse alle ore 8,30. Alle 9 arrivò il Feldmaresciallo Keitel e di lì a pochi minuti il Führer.
L'incontro fu come al solito cordiale, ma l'ambiente esterno — atteggiamento degli ufficiali aviatori in rango e delle truppe — era grigio. Poiché il Führer doveva rientrare in Germania nel pomeriggio stesso, il tempo doveva essere meglio utilizzato. Invece che a Feltre — tre ore di viaggio fra l'andata e il ritorno — il colloquio poteva svolgersi a Treviso stessa nel Comando dell'aeroporto o in Prefettura. Ma ormai il "cerimoniale" aveva stabilito il suo programma e nessuna forza umana avrebbe potuto cambiarlo.
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