Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


Pagina 54 di 192       

%


     La tensione nervosa si era vieppiù accentuata. Nel pomeriggio di sabato 24 luglio Roma impallidì. Anche le città hanno un volto. E sul loro volto si riflettono i moti dell'animo. Roma sentì che qualche cosa di grave era nell'aria. Le macchine che portavano i membri del Gran Consiglio non furono fatte stazionare nella piazza, ma furono concentrate nel cortile. Anche i moschettieri furono esonerati per quella riunione dal loro ufficio di vigilatori del Palazzo. Lo avevano disimpegnato egregiamente per lunghi anni.
     

La riunione del Gran Consiglio

     Negli intendimenti di Mussolini la riunione del Gran Consiglio doveva essere una riunione confidenziale, nella quale tutti avrebbero potuto chiedere e ottenere spiegazioni; una specie di Comitato segreto. Prevedendo una lunga discussione, invece che alle consuete ore 22, il Gran Consiglio fu convocato per le ore 17.
     Tutti i membri del Gran Consiglio erano in uniforme: sahariana nera. La seduta fu aperta puntualmente alle ore 17. Il Duce ordinò a Scorza di procedere all'appello dei presenti. Nessuno mancava. Mussolini cominciò allora la sua esposizione, avendo sul tavolo un plico di documenti. I punti essenziali dell'esposizione, che furono raccolti da uno degli astanti, furono i seguenti:
     «La guerra — disse Mussolini — è giunta a una fase estremamente critica. Quella che poteva sembrare ed era ritenuta da tutti una ipotesi assurda — anche dopo l'entrata degli Stati Uniti nel Mediterraneo — si è verificata: l'invasione del territorio metropolitano. Da questo punto di vista, si può dire che la vera guerra è cominciata dalla perdita di Pantelleria. La guerra periferica sulle coste africane aveva anche lo scopo di allontanare o rendere impossibile tale evento. In una situazione come questa tutte le correnti ufficiali, non ufficiali, palesi e sotterranee ostili al Regime fanno massa contro di noi e hanno già provocato sintomi di demoralizzazione nelle stesse file del Fascismo, specialmente fra gli "imborghesiti" cioè fra coloro che vedono in pericolo le loro personali posizioni. In questo momento, — disse Mussolini, — io sono certamente l'uomo più detestato, anzi odiato in Italia, il che è perfettamente logico, da parte delle masse ignare, sofferenti, sinistrate, denutrite, sottoposte alla terribile usura fisica e morale dei bombardamenti "liberatori" e alle suggestioni della propaganda nemica. Le critiche degli elementi politico-militari si appuntano più acute su quelli che hanno la responsabilità della condotta militare della guerra. Sia detto, una volta per tutte, che io non ho minimamente sollecitato la delega del comando delle Forze armate operanti, rilasciatami dal re il 10 giugno. L'iniziativa di ciò appartiene al Maresciallo Badoglio.