Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     «I circoli reazionari e antifascisti, gli elementi devoti agli Anglosassoni, premeranno in questo senso.
     «Signori, — concluse Mussolini, — attenzione! L'ordine del giorno Grandi può mettere in gioco l'esistenza del Regime >.
     Questi furono i punti essenziali del discorso Mussolini che l'ascoltatore annotò. La discussione fu quindi aperta. Cominciò il Maresciallo De Bono, il quale difese l'Esercito dalle accuse che gli si facevano di "sabotaggio" della guerra. A questo parere non si associò il quadrumviro De Vecchi, il quale pochi giorni prima aveva insistentemente e improvvisamente brigato per ottenere un comando militare e aveva ottenuto quello di una divisione costiera fra Civitavecchia e Orbetello.
     Il De Vecchi affermò che molti ufficiali generali e superiori erano stanchi, disfattisti e peggio, con influenze deleterie sul morale della truppa.
     Sorse quindi a parlare Grandi. La sua fu una violenta filippica: il discorso di un uomo che sfogava — finalmente — un rancore lungamente covato. Egli criticò acerbamente l'attività del Partito, specialmente durante la gestione Starace (del quale egli era stato entusiasta sostenitore), e si dichiarò deluso anche di quello Scorza, che pure era incominciata in modo promettente. «Il mio ordine del giorno — egli disse — tende a creare un fronte nazionale interno, che fino ad oggi non è esistito, e non è esistito perché in Italia la Corona si è tenuta in un atteggiamento di prudente riserva. È ora che il re esca dal bosco e si assuma le sue responsabilità. Dopo Caporetto, egli prese posizione e lanciò un appello alla Nazione. Oggi egli tace. O assume la sua parte di responsabilità storica, e allora ha il diritto di rimanere Capo dello Stato, o non lo fa, e allora egli stesso denuncia la carenza della dinastia».