Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


Pagina 61 di 192       

%


     Lo scopo di questo dilemma — concordato preventivamente coi circoli di Corte — era evidente. Il tono del discorso Grandi suscitò un senso di disagio nei membri del Gran Consiglio. A lui fece seguito il conte Ciano, il quale rifece la storia diplomatica della guerra, per dimostrare che l'Italia non aveva provocato la guerra, ma aveva tentato l'impossibile pur di evitarla, e concluse col dichiararsi consenziente con l'ordine del giorno Grandi. Una risposta alle critiche di Grandi, ispirate al più nero disfattismo, fu data dal generale Galbiati, il quale, più che un discorso politico, ne fece uno lirico, da soldato e vecchia Camicia nera. Roberto Farinacci illustrò il suo ordine del giorno e domandò che il Gran Consiglio chiamasse il generale Ambrosio a riferire. La proposta non ebbe seguito.
     Parlò quindi il Presidente del Senato, Suardo, il quale osservò che non ci vedeva chiaro nell'ordine del giorno Grandi, specie dopo il discorso col quale lo aveva illustrato, e se non fossero venuti lumi, dichiarò che si sarebbe astenuto dal voto.
     Chiese ed ottenne la parola il ministro della Giustizia, De Marsico, il quale accese una delle solite girandole dialettiche sul costituzionalismo o meno dell'ordine del giorno Grandi. Un discorso di accesa adesione alle idee di Grandi fu tenuto da Bottai, mentre contro Grandi parlò Biggini.
     A mezzanotte il Segretario Scorza propose di rinviare la seduta al giorno dopo, ma Grandi scattò in piedi, gridando: «No. Sono contrario alla proposta. Abbiamo incominciato, dobbiamo finire questa notte stessa». Dello stesso avviso fu il Duce. Il quale tuttavia sospese la seduta per un quarto d'ora e si ritirò nel suo studio a leggere gli ultimi telegrammi giunti nella serata dai settori operativi.