Un'altra sorpresa fu — una sera verso le 20 — l'apparizione improvvisa di un apparecchio tedesco dalla Corsica, il quale volò bassissimo sulla casa, forse a cinquanta metri, tanto che Mussolini poté vedere il volto del pilota e fargli un cenno di saluto. Mussolini pensò che questo volo avrebbe provocato la partenza dalla Maddalena. Infatti, la sera del 27 agosto, il capitano Faiola, che dal 10 aveva sostituito il Meoli, annunciò:
— Domattina si parte!
Un apparecchio della Croce Rossa era, da qualche ora, ormeggiato nella rada, quasi di fronte alla casa Webber.
Alle ore quattro del giorno 28 Mussolini fu svegliato, e discese verso il porto. Salì sull'apparecchio, che decollò abbastanza faticosamente perché era sovraccarico ed ebbe bisogno di molto spazio primo di sollevarsi dall'acqua. Dopo un'ora e mezzo l'apparecchio ammarava a Vigna di Valle sul Lago di Bracciano. Ivi attendevano un maggiore dei carabinieri e l'ispettore di P. S. Gueli, nonché la solita auto-ambulanza, la quale, per la Cassia, si diresse verso Roma, ma giunta alla circonvallazione deviò a sinistra e si diresse verso la Flaminia, imboccata la quale, dopo il ponte di ferro sul Tevere, apparve chiaro che si andava verso la Sabina.
Strada ben nota al Duce da quando aveva "scoperto" il Terminillo, divenuto poi la "Montagna di Roma".
Superate Rieti e Città Ducale, nei pressi dell'Aquila il viaggio fu interrotto da un allarme aereo. Tutti scesero dall'auto-ambulanza. Una squadriglia di apparecchi nemici volava tanto alta che appena si distingueva. Ma quel che accadeva durante l'allarme dava la netta impressione che l'Esercito si avviasse al disfacimento. Gruppi di soldati, scamiciati, fuggivano da ogni parte, gridando, imitati dalla folla. Gli ufficiali facevano altrettanto. Spettacolo pietoso. Cessato l'allarme la vettura riprese la corsa, ma poco dopo l'Aquila si fermò per lieve avaria al motore.
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