Quale giudizio dare di un popolo che offre di sé tale spettacolo al mondo, con un cambiamento così improvviso, e potrebbe dirsi isterico, di stato d'animo? Taluni di coloro che si affrettarono a telegrafare a Badoglio si giustificano con la incertezza determinata dai primi comunicati, nei quali si dichiarava che "la guerra continua", che non ci dovevano essere "recriminazioni", e relativi accenni alla concordia nazionale, nonché il carattere "militare" del Governo.
Eppure, alcuni minuti di riflessione sul tenore dei comunicati avrebbero dovuto subito far nascere almeno il dubbio sulla effettiva realtà delle cose: realtà che aveva un nome solo: "cattura del Duce e preparazione della capitolazione". Non doveva apparire "strano" che l'annuncio delle dimissioni non fosse stato accompagnato da una parola di apprezzamento e di riconoscimento dell'opera del Duce? Qui non si allude alle solite lettere autografe che il re mandava ai generali in certe determinate occasioni; ma un uomo che aveva servito per ventun anni in pace e in guerra e al quale era stata data, dopo la conquista dell'Etiopia, la più alta decorazione militare, non meritava nemmeno una parola, quella parola che non si nega talora persino a un mediocre domestico?
E se nel comunicato non c'era nulla, perché non veniva concesso a Mussolini di rivolgere un saluto alle truppe, di farsi in qualche modo sentire dal popolo; perché non si parlava minimamente di un passaggio dei suoi poteri al nuovo Capo del Governo? Perché questo improvviso silenzio? Perché questa completa sparizione?
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