E altrove, sempre nel diario della Maddalena: «Per redimersi bisogna soffrire. Bisogna che i milioni e milioni di Italiani di oggi e di domani vedano, sentano nelle loro carni e nella loro anima che cosa significa la disfatta e il disonore, che cosa vuol dire perdere l'indipendenza, che cosa vuol dire da soggetto diventare oggetto della politica altrui, che cosa vuol dire essere completamente disarmati; bisogna bere nell'amaro calice fino alla feccia. Solo toccando il fondo si può risalire verso le stelle. Solo l'esasperazione di essere troppo umiliati darà agli Italiani la forza della riscossa».
Una “cicogna” sul Gran Sasso
Nella storia di tutti i tempi e di tutti i popoli vi è la narrazione di fughe e di liberazioni drammatiche, romantiche, talora rocambolesche: ma quella di Mussolini appare anche oggi, a distanza di tempo, come la più audace, la più romantica e al tempo stesso la più "moderna", dal punto di vista dei mezzi e dello stile. Veramente, essa è già leggendaria.
Mussolini non aveva mai nutrito speranze di liberazione da parte degli Italiani, anche fascisti. Che qualcuno ci pensasse è sicuro; che qua e là si siano anche imbastiti piani nei gruppi di fascisti tra i più animosi è fuori di dubbio; ma niente andò oltre la semplice fase del progetto: d'altra parte, i gruppi o gli individui capaci di tentare la realizzazione di un piano erano strettamente sorvegliati e non avevano i mezzi necessari per effettuarlo.
Sin dal principio Mussolini sentiva che il Führer avrebbe tutto tentato pur di liberarlo. L'ambasciatore Von Mackensen quasi subito andò dal re per avere il permesso, secondo il desiderio del Führer, di visitare Mussolini, ma la richiesta fu respinta con questa nota: «S. M. il re ha fatto presente al Maresciallo Badoglio il desiderio del Führer. Nel riconfermare l'ottimo staio di salute di S. E. Mussolini e il suo pieno gradimento per il trattamento usatogli, il Maresciallo Badoglio è spiacente di non poter aderire alla richiesta visita, è ciò nello stesso personale interesse di S. E. Mussolini. È però pronto a fargli subito pervenire quella lettera che S. E. l'Ambasciatore ritenesse di inviargli e di riportarne risposta, 29 luglio 1943». Il Capo di Gabinetto del Ministero degli Esteri si recò dall'Ambasciatore tedesco e ne riferì poi al Maresciallo Badoglio.
|