Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


Pagina 143 di 192       

%


     Fu quello il primo "scontro" della diarchia. Il re sentì che da quel giorno la monarchia cessava di essere costituzionale nel senso parlamentare della parola. Non vi era più alcuna possibilità di scelta. Il gioco dei partiti e la loro alternanza al potere finivano. La funzione della monarchia si illanguidiva. Le ricorrenti crisi ministeriali, insieme con le grandi calamità nazionali e gli auguri di capo d'anno, poi aboliti, erano le sole occasioni nelle quali il re faceva qualche cosa che lo ricordasse agli Italiani, non solo come collezionista di vecchie monete, diligente sino al fanatismo. Durante una crisi ministeriale la sfilata dei papabili al Quirinale era un avvenimento, al centro del quale stava il re. Dal 1925, tutto ciò finiva. Da quell'anno in poi, il cambio dei dirigenti avrebbe rivestito il carattere di un movimento di ordine interno nell'ambito del Partito.
     Il 1925 fu l'anno delle leggi eccezionali. Il 1926 fu quello delle leggi costruttive sul piano sociale. Ma verso il novembre la Camera che si chiamava oramai fascista espulse dal suo seno — colpevoli di decadenza — i fuggiaschi dell'Aventino. Anche questo inasprimento in senso totalitario della politica del Regime non passò inosservato negli ambienti di Corte. Da quel momento si cominciò a parlare di una monarchia prigioniera del Partito, e si compassionò il re, oramai relegato al secondo piano, di fronte al Duce.
     Tuttavia il biennio 1925-26 trascorse tranquillo.