Dalla legge sul Gran Consiglio alla congiura del luglio
La legge che determinò il primo grave urto fra monarchia e Fascismo fu la legge che legalizzò il Gran Consiglio, facendone l'organo supremo, fissandone prerogative e compiti. Oltre al compito di tenere aggiornata una lista di uomini degni di governare — e una lista del genere fu una volta presentata da Mussolini al re — il Gran Consiglio rivendicava a sé il diritto di intervenire nella successione al trono. Lo scandalo negli ambienti dinastici fu veramente grande. Ciò voleva dire un colpo mortale allo statuto, che regolava automaticamente questo problema. Taluni arrivarono ad„ insinuare che quell'articolo fosse di ispirazione repubblicana e che si volesse, in ogni caso, ostacolare l'assunzione al trono del principe Umberto e proporre l'allora Duca delle Puglie.
Da quel giorno Vittorio Savoia cominciò a detestare Mussolini e a covare un odio tremendo contro il Fascismo. — Il Regime — disse un giorno il re — non deve entrare in queste materie che una legge fondamentale ha già regolato. Se un partito in regime monarchico vuole decidere circa la successione al trono, la monarchia non è più tale. Il grido della successione non può essere che il tradizionale: "Il re è morto! Viva il re!"
La crisi determinata dalla legge del Gran Consiglio durò alcuni mesi, pur rimanendo i rapporti della diarchia cordiali alla superficie.
Nel 1929, l'evento della Conciliazione dissipò l'irritazione e le relazioni tornarono normali. In un primo tempo il re non credeva alla possibilità della soluzione della "questione romana", in un secondo tempo mise in dubbio la sincerità del Vaticano, finalmente l'idea che l'ultima ipoteca su Roma da parte dell'ultimo sovrano spodestato fosse tolta lo lusingò. Anche la prospettiva dello scambio delle visite fra i due sovrani confinanti gli sorrise. Vide in tutto ciò un rafforzamento delle istituzioni. Anche il Concordato non gli dispiacque, quantunque il suo notorio anticlericalismo lo rendesse sospettoso. Ma quando vide la schiera dei vescovi sfilare davanti a lui per prestargli giuramento si convinse che anche nel Concordato ogni concessione al Vaticano aveva avuto la sua contropartita.
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