Il 1929 fu, quindi, un anno fortunato. Qualche tempo dopo la firma dei Trattati del Laterano, in uno dei soliti colloqui bisettimanali, il re disse:
— Siete riuscito in un'opera che altri non avevano tentato e non avrebbero condotto a termine. Coi vostri discorsi al Parlamento avete corretto le interpretazioni estensive di taluni circoli clericali. Ciò va molto bene. Non so come potrei attestarvi davanti al pubblico la mia riconoscenza. Non so, veramente... Il Collare vi fu dato dopo l'annessione di Fiume. Forse un titolo nobiliare...
— No — interruppe Mussolini. — Un titolo nobiliare mi renderebbe immediatamente ridicolo. Non oserei più guardarmi in uno specchio. Io non dirò vanitosamente: "Roi ne puis, prince ne daigne, Rohan suis", ma vi prego di non insistere. Ognuno deve avere un suo stile nella vita.
Il re comprese e la cosa non ebbe seguito alcuno.
Troppo lungo sarebbe, ora, narrare tutti gli episodi nei quali la diarchia fu posta a più o meno dura prova. La faccenda aveva aspetti seri e talora grotteschi quando ci si inoltrava nei sacri quasi imperscrutabili labirinti del "protocollo". Il colmo fu raggiunto durante il viaggio del Führer a Roma. La diarchia si manifestò allora in tutta la sua pienezza, davanti al grande pubblico, per un'intera settimana, con episodi che sorpresero, irritarono e anche divertirono il pubblico. Mussolini aveva visitato nel 1937 la Germania. Le accoglienze a Berlino e a Monaco furono memorabili. Milioni di berlinesi si riunirono al "Maifeld" per ascoltare i discorsi del Führer e del Duce. L'eco della visita nel mondo fu grande. Nel maggio del 1938 il Führer giunse a Roma. Non fu sempre facile stabilire le formalità della visita, ma è chiaro che il Führer intendeva soprattutto visitare la Roma del Duce.
|