Quando il treno tedesco giunse alla nuova bellissima stazione di San Paolo, a riceverlo vi era, insieme col re, il Duce. Ma poi il Führer salì nella berlina di corte insieme col re e si diresse al Quirinale. La folla assiepata lungo la via dei Trionfi, via dell'Impero, piazza Venezia cercò invano il Duce: egli era tornato per le vie secondarie del Testaccio al suo ufficio.
Il Führer apparve urtato di ciò. Nei giorni successivi ci fu l'alternanza delle funzioni dell'ospitalità. Al mattino il re, nel pomeriggio Mussolini, o viceversa, accompagnavano il Führer nelle diverse manifestazioni, a seconda del loro carattere più o meno politico e fascista.
Nell'ambiente gelido del Quirinale, anche per effetto di piccole negligenze di carattere materiale, il Führer si sentì a disagio. Alla grande sfilata militare in via dei Trionfi il seguito del Führer notò che la regina e le sue dame, mentre si curvavano in grandi inchini al passaggio delle bandiere dell'Esercito, fingevano di non vedere i gagliardetti della Milizia.
Nelle cerimonie in cui re e Duce erano insieme presenti, il Duce stava indietro per lasciare al proscenio le livree del seguito. La cosa fu notata specialmente alla festa in costume di piazza di Siena, una delle più grandiose e pittoresche manifestazioni degli ultimi tempi in Roma. Il Führer invitò il Duce a venire sulla prima fila accanto a lui.
Finalmente il soggiorno romano ebbe termine. Uscito da quella che un berlinese chiamò "aria delle regie catacombe" e giunto a Firenze, il Führer cambiò di umore. Se la maestà di Roma lo aveva fortemente colpito, la grazia di Firenze lo entusiasmò. Avrebbe voluto rimanervi più a lungo. "È la città del mio sogno", egli disse.
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