Se la settimana della visita del Führer a Roma rivelò gli aspetti e i contrasti che potrebbero chiamarsi protocollari della diarchia, vi fu un altro episodio che fece scoppiare la più grave delle crisi: la legge che creava i due Primi Marescialli dell'Impero. Ciò accadde per iniziativa spontanea di alcuni gruppi di deputati e di senatori, dopo un discorso di Mussolini, discorso che aveva sollevato grande entusiasmo. Approvata la legge dai due rami del Parlamento, il re fu in procinto di negare la firma che la promulgasse. Nel colloquio immediatamente successivo, egli era eccitatissimo.
— Dopo la legge del Gran Consiglio — egli disse — questa legge è un altro colpo mortale contro le mie prerogative sovrane. Io avrei potuto darvi, quale segno della mia ammirazione, qualsiasi grado, ma questa equiparazione mi crea una posizione insostenibile, perché è un'altra patente violazione dello statuto del regno.
— Voi sapete — obiettò Mussolini — che non tengo a queste che possono essere considerate esteriorità. I promotori hanno ritenuto che conferendomi tale grado, voi, maestà, ne venivate automaticamente insignito.
— No. Le Camere non possono prendere iniziative del genere.
Il re era pallido di collera. Il mento gli tremava.
— Questa è la più grossa di tutte! Data l'imminenza di una crisi internazionale non voglio aggiungere altra carne al fuoco, ma in altri tempi, piuttosto che subire questo affronto, avrei preferito abdicare. Io straccerei questa doppia greca. — E guardò con un'occhiata di disprezzo la doppia greca al braccio e al berretto.
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