Una volta Neville Chamberlain disse a Mussolini, nell'incontro di Rapallo, giorni di Natale del 1926: «È importante che le aquile vadano d'accordo; i minori volatili seguiranno l'esempio».
Nel pensiero di Mussolini, il Patto a Quattro doveva essere lo strumento di una progressiva logica revisione e adattamento dei trattati alle nuove condizioni della vita europea e aveva soprattutto in vista lo scopo supremo che era la conservazione della pace.
In uno dei tanti scritti che in quell'epoca Mussolini pubblicò sulla stampa americana dell'Universal Service e dedicati all'esame dei diversi aspetti della situazione europea veniva prospettato il dilemma: o un minimo di solidarietà europea o la guerra col conseguente crollo dei valori della civiltà comune.
Il Patto a Quattro — quando fu concluso e firmato — ebbe un successo grandioso presso i popoli. Ma poi si delinearono le opposizioni di carattere politico (l'iniziativa veniva dall'Italia fascista), di carattere territoriale (gli ambienti della Piccola Intesa temevano mutilazioni dei loro Stati), di carattere societario (è chiaro che il funzionamento del Patto a Quattro avrebbe svalutato l'istituzione ginevrina, togliendole uno dei compiti che essa stessa si era fissata, ma che non avrebbe mai assolto). Taluni parlarono di una nuova Santa Alleanza; a certi altri pareva assolutamente intollerabile, anti-societaria l'idea di un direttorio delle quattro Potenze che calmamente e a fondo studiasse i più urgenti problemi, in relazione con lo sviluppo e l'avvenire dei popoli. Si preferivano i grandi comitati e le "imponenti" assemblee ginevrine, con la loro interminabile serie di oratori, pochi dei quali venivano con qualche attenzione ascoltati.
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