Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     In realtà Francia e Inghilterra voleva semplicemente guadagnare tempo. Nel 1938 l'atmosfera era già straordinariamente pesante. La questione dei Sudeti, cioè dei Tedeschi incorporati nella Cecoslovacchia, sembrò ad un certo punto dovesse costituire la famosa scintilla che fa deflagrare le polveri. Per evitare lo scoppio, i "quattro" si unirono per la prima e ultima volta a Monaco di Baviera. L'azione dell'Italia fu riconosciuta di primo piano per la soluzione pacifica della questione.
     Quando si seppe che un accordo era stato raggiunto, i popoli respirarono. Il Presidente del Consiglio Daladier, che aveva avuto simpatiche manifestazioni popolari a Monaco, fu ricevuto a Parigi e portato in trionfo da una folla enorme. Lo stesso accadde a Londra con Chamberlain. Dei due dirimpettai, Daladier sembrava il più preoccupato e il più desideroso di trovare una soluzione diplomatica che escludesse ogni ricorso alla forza; Chamberlain seguiva molto attentamente la discussione, ma poi sentiva assai di frequente il bisogno di consultarsi coi personaggi del suo seguito. L'atmosfera nel complesso era cordiale, e il volto degli intervenuti sembrava rischiarato. All'uscita dalla sala un giornalista francese affrontò Mussolini e gli disse: «Avete dato una borsa di ossigeno a un malato». Mussolini rispose: «È una pratica comune nei casi gravi».
     Di ritorno a Roma Mussolini fu accolto con la più grande manifestazione di popolo, forse, di tutto il ventennio fascista. Via Nazionale era rigurgitante di folla, imbandierata e cosparsa di alloro. Dal balcone di Palazzo Venezia Mussolini pronunciò poche parole per dire che a Monaco si era lavorato per la "pace con giustizia". Ma di lì a poche settimane le porte del tempio di Giano non erano più ermeticamente chiuse, bensì socchiuse. Una delle soluzioni più assurde che il Trattato di Versaglia aveva dato al problema dello sbocco al mare della Polonia, cioè il "corridoio" di Danzica, venne a maturazione. Stabilire la causa di una guerra è uno dei compiti più difficili per lo storico. E quindi anche determinare le conseguenti responsabilità. Le cause della guerra sono lontane e vicine; dirette e indirette. Ad esempio Proudhon si rifiutava di entrare in quest'ordine di considerazioni e riteneva la guerra come fenomeno universale eterno; un fatto di "origine divina". Per il politico invece la ricerca delle cause immediate è una necessità. Si può quindi dire che la causa remota della guerra che insanguina il mondo è il Trattato di Versaglia; che la causa immediata fu il rifiuto della Polonia di discutere ogni soluzione di compromesso, quale il "corridoio nel corridoio" proposto dal Führer; che la ripulsa della Polonia fu dovuta alla garanzia che la Gran Bretagna diede alla Polonia stessa e che valse ad irrigidirne l'atteggiamento sino alla rottura.