«Fortunati — scriveva Arnaldo — quei Segretari responsabili che potranno assistere alla cerimonia singolare. Ecco il segno della Patria, grande, una, immortale. Sfumano nelle nebbie salse del mare i rancori puerili, le ambizioni e le vicende del piccolo mondo».
Nel 1924, Il Popolo d'Italia riprese il carattere polemico e battagliero delle più aspre vigilie. Arnaldo così scriveva nell'articolo del 1° luglio 1924: «Nel gioco entro e fuori del Parlamento, bisogna tenere presente la volontà della Nazione. È inutile che le opposizioni dimentichino che il Partito fascista è oggi il partito più forte e più agguerrito. Governare contro di esso è impossibile, esasperarlo è pericoloso. Nella contesa bisogna mettere tutti i termini di paragone. Mussolini non si tocca... E a proposito di partigianerie vogliamo ricordare che cinque anni fa poveri, giovani, ardenti, con cinquanta seguaci muovemmo all'assalto di posizioni imprendibili e nessuno ha fatto torto al nostro ardimento e alla nostra tenacia e nessuno ha contestato la Vittoria dell'ottobre 1922. Oggi siamo dei milioni, serviamo con la stessa purità d'intenti e con la stessa fede le idealità sacre di un'Italia rinnovata dal sangue dei suoi figli. Il tentativo di chi vuole strappare lo scettro ai vittoriosi è ridicolo. La diffamazione è stupida e pericolosa».
Nell'epoca di più accese polemiche del luglio 1924, la calunnia aventiniana tentò di addentare Arnaldo, ma la sua risposta, pubblicata nel Popolo d'Italia del 4 luglio, fu trionfale.
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