«Ebbene, — egli scriveva — se la vita politica italiana, non la nostra piccola esistenza, ma quella dell'Italia maestosa di grandezza e di potenza, può venire minata e umiliata dalle forze che abbiamo elencate, Duce, non è necessario sciogliere le mani agli squadristi, basta sciogliere la scure del Littorio e colpire inesorabilmente. Mezza Europa ha tolto dalla circolazione dei giornali e l'Europa non si è vista per questo in gramaglie. Si possono, si devono sciogliere società segrete, si può considerare un delitto aderire ad un partito che attende l'ispirazione di una potenza straniera e che, ad ogni modo, si dichiara nemico dell'ordine costituito».
«È necessario colpire e colpire subito e dirlo chiaro per evitare che nella marcia, ad ogni dieci passi, il solito fiancheggiatore punti i piedi e chieda al condottiero dove si vuole andare...».
Voglio ricordare ancora di quel periodo, l'articolo pubblicato in data 11 dicembre, di difesa e di apologia del Generale De Bono, fatto segno dalla grottesca denuncia Donati..
«Il Generale De Bono si difende da solo — scriveva Arnaldo —. Egli sessantenne può vantare uno stato di servizio da far arrossire gli pseudo-intellettuali che telegrafano la loro solidarietà al signor Donati».
Non meno perentorio era l'articolo pubblicato in data 18 dicembre, quando oramai stavano per sfumare le illusioni dell'«Aventino».
«Il giorno in cui il Fascismo dovesse ritirarsi sdegnoso sotto la tenda, avremmo la confessione più clamorosa della sua impotenza. Staremmo per aggiungere che se ciò accadesse, vi sarebbe da disperare del nostro avvenire come grande popolo. Una Italia, domani, in pantofole, ancella di ogni missione internazionale, umiliata fuori dei propri confini, ridotta ai Ministeri famosi del ricatto socialista, sarebbe l'espressione politica più umiliante, più illogica, più nefanda di questo dopoguerra. Qualche smidollato intellettuale potrebbe augurarselo, per cantarne poi l'epicedio. Ma ciò non avverrà. Vi sono — ad impedire lo scempio — gli spiriti agguerriti e le quadrate legioni fasciste».
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