Arnaldo narra quindi succintamente la vita di Sandrino, nei primi anni, ricorda le alternative terribili tra il primo verdetto inesorabile dei medici e le speranze risorgenti seguite da delusioni sempre più amare. Cominciò il 3 agosto del 1930 il calvario di Cesenatico. Ma ecco la pagina dedicata all'ultima giornata di Sandrino; ecco con accenti quasi non terreni, la preghiera che non fu ascoltata:
«Mi sono allora inginocchiato e ho detto: Signore, salva Sandrino. È buono. È puro. Non ha mai detto una parola ingiusta. Non ha mai mancato alle tue leggi. Ha amato i genitori e i maestri, i compagni e il suo prossimo. Non ha indietreggiato di fronte a nessuna difficoltà. La sua modestia è sempre stata dignitosa e fiera. Ha amato gli umili. Non ha mai commesso un peccato. Salva Sandrino, o Signore. Egli è una certezza per il domani; è l'onore, è la bontà della nostra casa. Il suo confessore lo ha chiamato un santo. Se vi sono delle colpe per cui qualcuno debba espiare, prendi me, o Signore. E se giudichi che la morte possa essere una liberazione, fa che io diventi cieco, storpio, paralitico, ma salva Sandrino. Io ho già vissuto. Egli ha vent'anni. Stamani, all'esposizione del Santissimo, la sua piccola sorella ha avuto una crisi di pianto disperato. Vito, suo fratello, è tutto chiuso nel suo dolore cupo e ci preoccupa. Salva Sandrino, per loro e più per la mamma, per tutti quelli che invocano la grazia, per gli innocenti che pregano, per tutti quelli che da ogni parte d'Italia innalzano auspici e voti. Salva questo figliuolo, Signore. Egli onorerà la tua legge divina e la legge morale degli uomini. Sentii che la mia preghiera non poteva essere accolta... La mattina di mercoledì 20 agosto il sole era sfolgorante, ma io vidi subito, sensibilmente, all'orizzonte una striscia nera. Il professor Ferrata mi disse: È moribondo. Non soffre».
|